Nella raccolta poetica di Sara Quattrocchi, ritroviamo una
ricercata eleganza di stile che si stempra in un verso dall’apparente
semplicità. Guarda indietro nel tempo, a passeggio tra vie e
ricordi, tra sentimenti e affetti, che divengono protagonisti di
componimenti brevi, ma ben strutturati. E’ una ricerca di se stessa
quella che l’autrice svela in un percorso poetico, man mano più
convinto, che la porta però, a cercare oltre se stessa, per valicare il
muro che dall’individuale scrittura, la conduce a una naturale
condivisione con il lettore. L’amore, visto nel senso più ampio e
completo del termine è il tema portante, un amore vivo, palpitante, a
tratti dolente. Lo ritroviamo fin dal titolo “Tu che m’hai preso il
cuor”, che ricorda una nota canzone, tra la nostalgia e una velata
malinconia. E, in questo dialogo con l’amore, il verso con la sua
musicalità, si sostituisce a ciò che è stato, divenendone rivelatore
attento in liriche necessarie all’autrice per soddisfare un’urgenza del
dire che diviene rispettoso pensiero manifesto. E’ al suo esordio la
poetessa acese, ma in lei è già presente un impegno serio, frutto di uno
studio che si lega all’emozione del momento, al fiorire dell’attimo,
all’acutezza del suo sguardo, sguardo che osserva la vita, in quella
bellezza che diviene essa stessa poesia tra il barocco e i colori
dell’Etna, fra la realtà e la fantasia.