Attraverso quale miracolo Carmen Togni, emiliana puro sangue, abbia
potuto percepire il violento respiro della terra non sempre materna,
quello che brucia e talvolta si fa rantolo di passione, non saprei
dirlo. Di fatto lo esprime con delicatezza di verso e intensità di ritmo
nella scelta del vocabolo quotidiano, che martella l’immagine con brevi
pennellate, l’ansimare del vento del Sud. Di quel vento, bambina, mi
parlava mio padre, anche lui pugliese. Il Favonio, che poi scoprii
essere il phoen, aveva caratteristiche magiche: portava la
sabbia dal deserto passando sopra il mare a filo d’acqua e sembrava
l’alito del fuoco. Rubava profumi di gelsomino e voci di donne.
Rinsecchiva le facce dei vecchi e scaldava pietosamente le ossa dei
morenti. Portava con sé l’ansimare della fatica e il respiro lieve
dell’ab- bandono. Tutto inaridiva salvo le lacrime che: “…evanescenti /…
sanno dove correre / Quale letto di fiume …” “…nella pace della
valle…”. Ed è così che la violenza si placa e la serenità ritrovata
permette uno sguardo alla speranza di un futuro, nel quale i giovani
possano tracciare un percorso di armonia. 11 Giugno 2019 Laura Caputo
(giornalista e scrittrice)
