ROCCAGLORIOSA

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Nei giorni della quarantena sfoglio le pagine di questo libro ricordando con gioia i momenti passati a Roccagloriosa nel cercare e trovare antiche testimonianze; mi viene in mente la scoperta della necropoli con la sua luce calda e intensa che si stendeva sulle pietre usurate dal tempo; mi sembra ancora di toccarle e ammirarne la bellezza!

La storia di Roccagloriosa si regge sulle braccia del tempo. È un paese silenzioso e senza clamori. Lo notai andando a Palinuro, era lì, aggrappato alla roccia come una sentinella a guardia del territorio circostante. Decisi di visitarlo, raggiunsi i ruderi del castello e, mentre scattavo delle foto, si avvicinò un signore invitandomi a seguirlo, mi avrebbe fatto visitare il museo archeologico poco distante. Non avrei mai immaginato di percorrere un viaggio indietro di 2500 anni immersi tra storia e leggende!

In questo libro le foto non sono solo delle descrizioni esatte di ciò che ho visto, c’è anche qualcosa che non poteva essere fotografato perché è diventato parte di me: sono i sentimenti e le emozioni vissute.  

Il tempo è scandito dai rintocchi delle campane, dalle processioni e dalle feste patronali. Esiste un rituale, unico nel suo genere, si svolge ogni anno da oltre cinque secoli rievocando la passione di Cristo, una processione alla quale prende parte l’intero paese. Sono gli uomini ad essere protagonisti, dandosi il cambio nel portare la statua lignea del Cristo morto e della Madonna, seguiti da uno stuolo di ragazzi che accompagnano il corteo suonando i “carrozzùni” e le “tarocciole”, strumenti che emettono rumore fragoroso, ottenuto dal battere di alette su linguette di legno, un “suono” che vuole celebrare il dolore del creato per la passione di Cristo.

Roccagloriosa è un paese pieno di tradizioni vive, sentite, vissute. E poi, arriva finalmente l’estate dove si sentono i grilli cantare, il brusio del vento tra gli alberi e la musica delle feste: Festival e Sagre paesane. Nell’aria aleggiano allegria e divertimento, alla cui realizzazione partecipa tutto il paese. Ritornano gli emigranti, le strade si affollano di gente, saluti e abbracci come in una grande famiglia, il caffè al solito bar, la stessa passeggiata sul solito marciapiede, le cena con amici e parenti e poi a raccontarsi fino all’alba sulle panchine in pietra tra vita vissuta e antichi racconti.

Con l’arrivo dell’autunno il paese torna a spopolarsi, restano solo gli anziani e i pochi coraggiosi che hanno deciso di rimanere qui. Si svuotano le strade, i ritmi tornano lenti e silenziosi a trascinarsi fino alla prossima primavera.

Di fronte al paese c’è il Monte Bulgheria, definito dagli abitanti del luogo “Il leone che dorme”. Ricordo le mie escursioni: arrivare in cima e restare immobile con lo sguardo fisso sull’orizzonte e sull’immensità di un mare senza increspature e in lontananza l’apparire delle isole Eolie. Qui sono nate le grandi leggende che hanno acceso la fantasia della gente tra amori e turbamenti. Da questo luogo spaziando lo sguardo si ammirano i massicci del Cervati, della Raia, del Centaurino, della Antilia e poi giù fino al mare di Palinuro e in fondo verso sud la mansueta bellezza del golfo di Policastro, il profilo curvilineo delle coste calabro-lucane, piccoli borghi dalla storia antica: San Giovanni a Piro, Tortorella, Morigerati, Acquavena, Bosco, Caselle in Pittari, San Severino di Centola. Paesi fatti di storia, leggende, colori, odori e suoni. Paesaggi che sono un’autentica poesia che non può essere descritta, perché le parole non renderebbero giustizia a tanta bellezza. In nessun altro luogo ho visto tanto verde e tanto azzurro, la ricchezza della memoria di questa gente. Ho ascoltato le voci del passato, ho conosciuto nuovi amici, mi sono legato a questo paese con gratitudine e con riconoscenza. Ho percorso un viaggio nel tempo, alla ricerca di quei frammenti di storia e leggende che uniscono le nostre radici lontane con la nostra cultura distaccata e distratta nei confronti di queste realtà. Anche se la pandemia ci ha resi fragili e impauriti è nostro compito non cancellare il ricordo che rimarrà indelebile in chi avrà la fortuna di leggerci e dire: “Come era bella la mia terra”.                                                                                                                      Salvatore Monetti

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Categoria STORIA e FILOSOFIA