Quasi quarant’anni. Tanta è la distanza che ci separa da uno dei momenti
più critici della nostra storia repubblicana, l’apice della cosiddetta
strategia della tensione, l’uccisione dell’allora presidente della
Democrazia Cristiana, Aldo Moro. Tanto si è detto di quei fatti, dando
spazio alle ipotesi più disparate e fantasiose, una ricerca della verità
che non ha mai avuto fine e che si arricchisce ancora oggi di nuove
testimonianze e altre interpretazioni, a conferma di quanto siamo ancora
invischiati in quell’episodio. In questa sede non abbiamo nulla da
aggiungere a tutte le voci che hanno già espresso la propria opinione,
salvo ricordare che Aldo Moro era un politico di primo piano, ma anche
un padre. Un’osservazione tanto ovvia quanto patetica? Può darsi, ma non
è quello che avranno pensato sua moglie, i figli, i nipoti e quanti lo
conoscevano innanzitutto come persona. Una testimonianza del Moro
privato ce l’ha consegnata proprio la primogenita Maria Fida, che
all’epoca aveva a sua volta un figlio di quattro anni, Luca, più volte
citato dallo statista nelle lettere scritte durante la prigionia.
S’intitola La casa dei cento Natali ed è stato pubblicato nel 1982 con una prefazione di Leonardo Sciascia, già autore de L’affaire Moro.
Da quel libro ancora reperibile nei cataloghi editoriali, a decenni di
distanza, solo un poeta, anzi una poetessa, poteva trarre linfa per una
nuova opera. A farlo è la mia concittadina Carmen Togni, il cui percorso
è iniziato molti anni fa e conta ormai diverse tappe tra pubblicazioni,
riconoscimenti e presentazioni illustri. Un percorso che ha toccato
tematiche forti quali la strage della stazione di Bologna, ma che ha
saputo scavare anche nell’intimo dell’esperienza umana, con un occhio di
riguardo al suo nome tutelare, Alda Merini. Non sta a me analizzare i
testi che vengono presentati in questo volume, né esprimere un giudizio
sul loro valore, ma sono tuttavia convinto che qualunque lettore attento
e sensibile saprà cogliere un eco della propria storia personale e di
quella più grande in cui tutti viviamo. Anche le tragedie, in fondo,
servono a questo: a ricordarci il valore dell’Amore che niente e
nessuno, appunto, può distruggere.
