FELICITA’: Il racconto, pur se in esso ogni cosa parrebbe scontata,
anche allora cammina, e Guidace ci tira dentro alle sue storie nelle
quali corrono sentimenti infiniti, volti mai offuscati dal tempo,
aneliti di ieri e di oggi che battono all’unisono, vicende minime rese
illustri e affascinanti dalla loro schiettezza e dal modo con cui lo
scrittore le esprime e le porge. Le sue donne – delle quali lo scrittore
è il tenace depositario di amori cocenti, sofferti e vividi nella sua
coscienza – sono donne dell’assenza, donne chiamate perentoriamente a
separarsi da lui per non “sfondare” la felicità, che per lo scrittore è
un valore fragile; figlia del tempo, pronta ad allontanarsi per non
morire, per non essere fatale. A guisa dei grandi, anche Guidace ha i
suoi balsami amari incarnati in Nora, Emily, Flora ed Ester e in tutte
le altre sacre immagini della sua mente e della sua umana devozione.
Sono amori intrisi di tristezza ma raccontati con il fervore e con la
maestria di chi, a volte, quegli amori li ha “presi” paradossalmente per
tirarli fuori dal loro disfacimento: vedi Flora che, dopo una
lunghissima lotta interiore, si sbriciola ma non si annulla; e diventa
umana, solo quando tutto in lei è consumato e si è rigenerato: dopo una
lunga inquieta ricostruzione. Dopo che la sua verginità mentale e quasi
fisica si è ripristinata. Racconto questo, misurato ed equilibrato,
scavato nel più profondo dell’anima umana.