VITTORIA COLONNA, la romantica poetessa amata dagli artisti

Affascinante e tormentata, fece breccia nel cuore di un genio...

 Un tempo erano nobildonne rinascimentali, romantiche poetesse, pionieristiche intellettuali, ricche ereditiere; oggi sono art advisor, business women, sceicche. Tutte con la stessa fame di bellezza, la volontà di circondarsi di artisti, incoraggiando i più giovani, i meno conosciuti, i più illuminati. Con la loro lungimiranza – ma anche con il loro stile, la loro testardaggine e una determinazione da far invidia al mondo maschile – hanno cambiato la cultura, il gusto, il modo di pensare di intere generazioni: sono le mecenati dell’arte e della cultura, quelle donne che hanno aiutato, protetto, sostenuto l’arte, e continuano a farlo. In questa rubrica racconteremo di loro.

 Quando pensiamo a Vittoria Colonna, ci viene subito in mente un nome ancor più illustre: quello di Michelangelo Buonarroti, genio indiscusso del Rinascimento, artista assoluto e tormentato. La figura di Vittoria è stata quella di una donna complessa, inquieta, dalla vita avventurosa e divisa tra fede e passione. Nata in una nobilissima famiglia - figlia del capitano Fabrizio Colonna e di Agnese di Montefeltro -, Vittoria ricevette un’educazione raffinata, ed ebbe la possibilità di frequentare i letterati più importanti dell’epoca. Giovanissima, cominciò a dedicarsi con successo alla poesia, sulla scia delle liriche amorose del Petrarca, diventando una delle prime donne intellettuali dell’età moderna. Per suggellare l’alleanza con la potente famiglia D’Avalos, Vittoria fu promessa in sposa a Ferdinando Francesco quando era ancora bambina, e prese il titolo di marchesa di Pescara. Il matrimonio fu celebrato nella cattedrale del Castello di Ischia ed è inutile dire quanto sfarzosi e sontuosi furono i festeggiamenti. Le cronache dell’epoca raccontano che la sposa indossava una veste di broccato bianco con rami d’oro adornata di un mantello azzurro, e altrettanto fastosi furono i doni, tra cui un letto alla francese di raso rosso foderato di taffettà azzurro, regalo del padre, e una croce di diamanti e dodici braccialetti d’oro, dono dello sposo. Insomma, un matrimonio da sogno, degno di una principessa.

Gli sposi si trasferirono a Ischia, che era diventata un importante centro culturale grazie alla presenza di Costanza d’Avalos, governatrice dell’isola e amica di poeti e letterati. E sull’isola Vittoria e Ferdinando vissero insieme per pochi anni circondati dagli artisti e intellettuali più in voga dell’epoca: Ludovico Ariosto, Jacopo Sannazaro, Pietro Aretino, Bembo, Castiglione e molti altri. Il matrimonio con D’Avalos, seppur combinato a tavolino dalla famiglia, ebbe fortuna: Vittoria si innamorò profondamente del suo condottiero e soffrì tantissimo quando lui fu costretto a partire per la guerra. Al suo sposo dedicò tantissimi sonetti, d’amore e disperazione. In un’epoca in cui gli intellettuali erano rigorosamente di sesso maschile, c’era lei, Vittoria Colonna. Che scriveva poesie d’amore appassionate, si interfacciava con l’intellighenzia più raffinata, studiava, ispirava gli artisti. Gli anni trascorsi a Ischia furono i più prolifici e felici: scriveva senza sosta sonetti e poesie d’amore in cui si rivolgeva all’amato chiamandolo "il mio sole", frequentava artisti e letterati e viveva circondata da mille stimoli. Quando seppe che il suo condottiero era rimasto gravemente ferito in uno scontro, partì subito per raggiungerlo senza però riuscirvi. Il suo amato marito nel frattempo era morto. Fu un grave colpo e Vittoria cadde in depressione; come una diva maledetta entrò in una spirale di dolore e meditò il suicidio, senza però riuscire a trovare il coraggio di compiere l’insano gesto. Vedova inconsolabile a neppure 34 anni, decise di sottrarsi a ogni mondanità e a rifugiarsi nell’arte e nella fede. Lasciata Ischia, si trasferisce a Roma con l’intenzione di ritirarsi in convento, ma la sua curiosità intellettuale la portò a stringere rapporti intellettuali e spirituali con enigmatiche personalità del mondo cattolico e della Riforma.

Lentamente, con l’aiuto dei suoi amici artisti, rinasce. La sua bellezza, austera e insolita, ispirò Ludovico Ariosto, che nell'Orlando Furioso la paragonò alle donne più celebri della mitologia e dell'antichità. Strinse amicizie profonde, come quella con Pietro Carnesecchi, l’umanista eretico che finì sul rogo, e poi lui, Michelangelo. Della loro amicizia si è detto e scritto tanto: pare che quello di Vittoria per l’artista fosse un amore impossibile a causa della omosessualità di Michelangelo, o forse bisessualità: perché l’artista non era proprio indifferente alla marchesa di Pescara e a lei dedicò versi, disegni, ma soprattutto un bellissimo carboncino su carta raffigurante una Pietà dai toni drammatici e concitati. L'amicizia tra Vittoria e Michelangelo, il genio del Rinascimento e la poetessa triste, si nutriva di misticismo e di una comune sensibilità, ma anche una profonda stima che sfociava a volte in venerazione dell’artista nei confronti di una donna tanto particolare. “Un uomo, una donna, anzi un Dio” così scriveva di lei l’artista. Ed è probabile che Michelangelo, rapito dalla personalità di Vittoria, l’abbia più volte ritratta nei suoi capolavori, magari con quelle forme mascoline che a lui tanto piacevano (vedi la Cappella Sistina) e che da quel momento cominciarono a fare tendenza. Fatto sta che l’amicizia tra i due fu profonda e platonica, infarcita di spiritualità e tormenti. Basti pensare che all'indomani della morte improvvisa e prematura di Vittoria Colonna il geniale Michelangelo, sopraffatto dal dolore scrisse "Morte mi tolse uno grande amico!". Proprio così, Michelangelo definiva Vittoria un amico, al maschile. Ci piace pensare che l’amicizia sia proprio così, immortale e senza sesso.

                                                                                           Daniela Ambrosio

 

FONTE: https://www.elle.com/it/magazine/storie-di-donne/a26048294/vittoria-colonna-poetessa/