Vi esorto preti!

ssssjpgCorvi


 Come corvi dal buio ventre

dettate castighi con un dire infuocato

reprimendo un’insoddisfazione profonda.

Poveri miserabili, avete riempito i polmoni d’odio

e con un sapere indulgente e buono

mascherate la vostra invidia.

Che Dio abbi pietà della vostra scalata al potere,

ubriachi solo di confessioni strappate.

Vi saziate dei peccati altrui

e dei vostri né fate corona,

non disprezzate gli inchini, né gli elogi

e dall’altare cantate l’ebrezza della vostra saccenteria.

Non conoscete l’amore, né le angosce umane

perché vi ergete a patiboli inzuppati di giustizia Divina

ma lo sguardo di Dio da voi si è allontanato

e giocate a consacrare ciò che non conoscete

rinnegando l’eterna Promessa.

Non conoscete il sudore perché l’anima vostra è secca

e salutate con un artificiale sorriso a quanti nel silenzio

spengono la loro pallida luce.

 

Pensiamo a quante omelie vengono predicate nelle chiese di tutto il mondo. Valanghe di parole sulle quali da sempre si sono appuntate critiche, ironie, giudizi di merito e di metodo. Parole che, però, non di rado consolano e inquietano, riescono a incidere nella storia personale di molti. Contro lo stereotipo che vuole i sermoni un "tormento" di noia per i fedeli, c'è la verità secondo la quale molti bravi e convinti predicatori sanno introdurre un sano "tormento" in coscienze assonnate e intorpidite. Uno straordinario sacerdote e intellettuale lucano-romano che è stato don Giuseppe De Luca pronunciò in una sua omelia queste parole: “Vi esorto, o preti, a un poco di commozione quando predicate!” La predica è una spezia da maneggiare con cautela perché, come tutti i sentimenti, se in eccesso, genera sdolcinature insopportabili, eccessi enfatici, retorica emotiva. I preti nelle relazioni umane, spesso sono freddi e scostanti ma non si deve amputare la partecipazione appassionata; non ci si deve vergognare se il cuore accelera i battiti e se talora affiorano le lacrime sulle ciglia. Non si vive solo di comunicazioni asettiche come una confessione o una “morale” dettata senza sapere e conoscere la realtà dei fatti. Nell'esistenza ci sono momenti che turbano e sconvolgono e non si deve, per falsa virtù o eroismo, rimanere di bronzo. Si provano esperienze che generano pianto e dolore ed è giusto invocare aiuto e conforto. Ci sono verità (non solo di fede) che suppongono un'adesione fremente e non un assenso freddo come a un teorema geometrico. Commuoversi non è segno di debolezza ma di umanità.