Venerdì Santo (Alle madri che non hanno sogni)
Venerdì Santo
(Alle madri che non hanno sogni)
Perché Signore
non hai permesso
al grembo
tenero e candido
fonte di luce
d’illuminarsi?
Non hai dato a lei
il piacere di stringere
il figlio sognato?
Non hai dato discendenza
a colei che di sorriso
tingeva le sue giornate?
Hai strappato dal suo ventre
il frutto dell’amore,
il frutto del domani.
Hai inaridito
la feconda terra
e il chicco di grano
mai più germoglierà.
Perché Signore? Perché?
La silenziosa linfa
appena si leva
giace esanime
negando all’anima di volare.
Il suo grembo è vivo
e reclama vita.
Le sue notti sono nell’attesa,
il suo domani è nell’incertezza.
Non conosco i tuoi disegni Dio
ma la tua misericordia più non s’attardi.
Per lei non ci sarà la Pasqua,
l’amore non risorgerà
Dio, perché?
Restituisci forza e coraggio
a lei che più non spera in Te,
in quel dolore straziante
allarga le tue braccia e
genera una Vita nuova.
“Perché il tuo Dio mi ha fatto questo?”
Mi chiedeva una donna che non aveva avuto il
dono della maternità. Perché ogni mese è una sofferenza e vivo in un’ansia
continua pensando sempre che finalmente
è il mese giusto, che ce l’ho fatta ma con grande tristezza e rammarico la
conclusione è sempre la stessa. Mai e
poi mai, ma non per presunzione, mi sarei immaginata che sarebbe successo
questo, di tutte le cose che uno può immaginare possano accadere in una vita, a
questo non ci avevo mai pensato. E quando mi fermo a pensare a tutto quanto sta
accadendo penso: in fondo ho chiesto solo di avere un figlio non mi sembra una
cosa così assurda! Non credo di essere una persona cattiva eppure per me non è
prevista questa gioia. Ma perché? E dove trovo la forza di farmene una ragione
e tornare a vivere serenamente come prima ? Era Venerdì Santo, era il giorno del silenzio, sapevo che le mie parole erano
come la pioggia che le scivolano sulle pareti dell’anima senza lasciare
traccia, solo un fastidio di bagnato. Potevo solo starle accanto ed ascoltare
l’urlo del suo cuore. E nella prostrazione della croce con la faccia a terra
ricordavo a Cristo che quella donna che
fin da bambina era già mamma. Perché allora privarla del dono più grande? Non c'era un metodo per
spazzare via il suo passato, era strettamente legato ad essa. Con il tempo,
piano, piano ha accettato la sofferenza, ed ha liberato il dolore. Attraverso la sofferenza ha imparato ad amare. Perché la
sofferenza porta con sé una grande lezione, il perdono. Quando c’è
sofferenza c’è sempre qualcosa o qualcuno a cui “donare”
te stesso. Possiamo essere noi stessi quelli a cui far dono dell’amore
oppure può essere qualcuno che ci ha profondamente ferito. Ma ciò che conta è
capire, attraverso il dolore, che dobbiamo amare e dobbiamo amarci ovvero far dono di noi stessi. E ad una innocente domanda di una curiosa ragazzina
che le chiese: “Dov'è il tuo bambino?” Lei rispose: “Il mio bambino si chiama Amore. È piccolo, piccolo e sta chiuso nel mio
cuore” ma quando esce irradia di
luce tutte le persone che incontra. Ed io sono felice.