Santiago de Compostela

DSCN0215ttttttttjpgSantiago de Compostela

 (La fede in me!)

 

 Non so se continuare questo tormento ritmico

o se la grazia della quiete mi è stata concessa.

L’apostolo chiede una messa in sacrificio per le mie pene

ma il cuore vuole prima un segno

che allontani la bufera del dubbio funesto.

Così attraverso la Meseta

lievemente ondulata,

arida, in un simbolismo

fatto di conchiglie e paladini.

Il passato di dolore, le sconfitte dello spirito,

i traumi della coscienza sono stati evocati,

fatti traboccare in provvisori equilibri

che dureranno fino al nuovo tempo del tormento,

sino alla stagione del nuovo raccolto.

È il cammino di Santiago

dove ogni anno sotto un sole cocente e un’insolita pioggia,

i pellegrini portano un suono cupo in solchi lacerati nell’anima,

di tormenti, di macigni e lapidi,

come formiche penitenti vanno verso la Cattedrale

nell’auspicio d’esser liberati dal male,

aspettando dalle forti labbra dell’Apostolo

una parola che annienti il dolore

portato sulle spalle come una croce dalla pietra dura.

Questo è il grande giorno,

per una volta essi scrollano il peso e l’angoscia

del loro ignorato numero nella società,

dove i diritti elementari mai concessi sono negati,

ora, possono recitare la loro disperazione

davanti ad una folla di penitenti.

Intanto giungono altri pellegrini con la stessa speranza

e si ripercuote nel loro cuore il supplizio,

perché il dolore come il rimorso

è aspro e amaro da sottomettere.

È notte,

l’ultimo viandante arriva in calesse per unirsi ai penitenti

che si sono stretti a pregare.

Qui l’espiazione inizia la sua morte

interdetta alla pietà cristiana.

La musica, la danza, disarticola nella disciplina del ritmo

moltiplica le possibilità di contagio

in queste frane della psiche,

ma nella cappella del Crocifisso

è già alla sua parabola la crisi.

Quello che può sembrare coreografia o folclore

entra nel campo del mistero e dell’ignoto.

Ma nell’evoluzione del mondo d’oggi

questa antica eredità medioevale

consuma ormai il suo ultimo atto

ed io ritorno al mio breve tempo.

L’esistenza si snoda nel tempo, ed io, nello scorrere degli anni mi assopisco nel silenzio che segue. Il passato diventa storia personale e s’incontra con la storia degli altri e in questo legame fatto di incontri, avvenimenti, emozioni, speranze, amori negati e amicizie distrutte, giungo le mani e vado oltre… Ma tutti sono stati fondamentali per la progressiva configurazione della mia identità. Il tempo diventa sempre di più un presente senza radici e senza futuro, solo un momentaneo e fuggevole susseguirsi di istanti ed immagini sfocate, dove siamo prigionieri di un passato che nulla ci ha insegnato. Un passato dal sapore amaro, dove l’infanzia non è più recupe-rabile, resta solo l’ostinato desiderio di renderlo ancora presente e attuale. Non so, ma di una cosa ne sono certo, attendo con ansia l’età della saggezza perché diventi maestro di quello che sarà considerato degno di essere consegnato alle generazioni future in aiuto al loro inizio.