LA LUCANITÀ INTERIORE NELLA RICERCA LETTERARIA

LA LUCANITÀ INTERIORE NELLA RICERCA LETTERARIA

DI PROSPERO E VALERIO CASCINI

Il poeta lucano (ed amico) Prospero Antonio Cascini, edito da Monetti Editore, mi chiede di leggere le sue opere ed io mi propongo di scrivere una recensione alle due sue belle, intense ultime silloge. Naturalmente, l’ho fatto con vivo piacere. I titoli sono suggestivi, “Girotondo … tra primina e buona scuola”  e poi, più fresca, la raccolta a quattro mani, con Prospero Valerio Cascini: “Lucanità Saracena, fra poesia e fotografia”. Cascini ha già scritto e firmato altre poesie e lavori. Ma queste due opere sono preziose e impreziosite da recensioni, commenti, prefazioni e contributi come quelli di Vincenzo Viti, Gianpaolo D’Andrea, Alfonso Sarno, dalle illustrazioni di Filippo De Marinis, Antonio Di Mase e Alfredo Di Bitonto. Molto curata e raffinata è la parte editoriale cartonata e, nel secondo volume, la parte fotografica.

E’ un uomo di scuola, poi preside e dirigente scolastico. Psicologo e psicopedagogista.. Vive in un piccolo borgo, molto noto dalle mie parti. Castelsaraceno (Castrum Saracenum), a cavallo di due Valli e due Parchi Nazionali, nel sud della Basilicata. Paese, dalle inequivocabili influenze saracene, di note tradizioni culinarie, con un centro storico suggestivo e, nel suo territorio, oggi, con uno dei ponti tibetani più suggestivi e lunghi al mondo, vera e propria attrazione turistica globale. Non è più giovanissimo il nostro autore, ma leggendo i suoi versi colgo una forza interiore, un’energia che mi prende e mi porta sui luoghi e dentro le emozioni della sua poesia.

Il Prof Prospero Antonio Cascini, dunque, è un lucano doc. Vive la sua infanzia a diretto contatto con il mondo rurale e l’area interna della Basilicata di cui assorbe avidamente linguaggio, modi di vivere e disagi. Si laurea, come detto, in psicologia, si forma come pedagogista, studia e lavora col massimo profitto. La sua esperienza di vita, di relazioni e di conoscenze si allarga. Dunque una personalità strutturata, ricca di pensiero divergente. Capace di analisi e contraddittorio. Attento osservatore, mai neutrale, della realtà che lo circonda.

 Proviamo ad entrare nel suo mondo attraverso un ragionamento più largo. Il poeta lo merita.  

Sono ormai quasi trent’anni che scrivo e mi occupo di poesia. Sia dal punto di vista editoriale, sia sul fronte degli eventi, delle presentazioni e della convegnistica. Vorrei, parlando della poesia di Cascini, che mi consentirà la confidenza da poeta a poeta, tirare un poco le somme di quanto ho visto e sentito fino ad ora sul come intendono la poesia gli autori, i poeti e le poete (o poetesse che dir si voglia). Nulla di definitivo ovviamente, nessun giudizio o pregiudizio.

In poesia non è possibile dire è così perché tutto inevitabilmente cambia, evolve, a volte torna indietro per poi scattare avanti con piccole modifiche.

Quando incontro i poeti sono solito chiedere loro perché scrivono.

Capisco che la domanda sia imbarazzante ma le risposte non sono da meno. O meglio: non ci sono risposte. In questi anni, e a tutti i livelli, mi sono reso conto che ho sentito cose che vanno dal mormorato indefinito al perché è una mia necessità interiore, dal perché la poesia mi ha salvato al per esprimermi e via dicendo. Una risposta, che mi è parsa fra le più intelligenti, l’ho colta proprio in alcuni versi di una poesia  di Cascini alla quale è stato riconosciuto il premio della critica al concorso “Borghi di Versi 2022”sul tema “Il mio borgo”.

Questa poesia ci dice del poeta, esprime umanità, meraviglia e attesa: l’elemento profondo dei rapporti umani, della conoscenza di ognuno nei piccoli borghi favorisce il riconoscere ed il riconoscersi.

 

Una idea di marginalità, forse. Una denuncia, la condivisione di una possibile risposta. La fuga del poeta nelle sue radici. La fede nel Dio delle origini. La Genesi, forse come catarsi.

Mi chiedo quindi se non sia il caso, se non sussista la necessità, di definire un poco meglio le motivazioni per cui una persona dovrebbe andare a capo, scrivere accennando al minimo due o tre figure retoriche. Ovviamente non entro in merito al  a cosa serve la poesia perché ormai mi è ben chiaro che non ha una sua risposta possibile. È una sorta di indefinito appunto, a cui piace correre attorno in maniera un po’ dantesca, cioè la poesia come parte integrante della vita e perciò non svincolata né dalla morale né dai comportamenti. La poesia proprio per Dante è la bussola per ritrovare la dritta via. Il concetto di base su cui si innesta il pensiero dantesco  è l’idea dell’universo inteso come un organico e gerarchico, al cui vertice è posto Dio. Da questo deriva l’idea secondo la quale la realtà terrena è l’immagine concreta di quella celeste. Ho voluto fare un esempio così alto per togliere ogni dubbio su cosa è la poesia per me, ma credo anche per il prof Prospero Antonio Cascini.

 In ogni caso, cercare di capire il significato dello scrivere in versi non mi sembra cosa da sottovalutare.

Innanzitutto vorrei chiarire che la poesia non salva, non serve all’autore, non è un elemento tale da poterci investire la vita intera. Tutta l’arte dovrebbe essere intesa così, pena il buttar via la propria esistenza. La poesia è una costruzione linguistica che va studiata e utilizzata in un contesto e per un preciso motivo. Eccolo, Prospero Antonio Cascini, il professore, che usa la retorica e la lingua sfidando le parole per dare inizio alla sua poesia. Vi troverete la nostalgia dei tempi e dei luoghi, la dolcezza di amori profani, ingenui. Atmosfere bucoliche, un po’ leopardiane, molto tatto, un pizzico di raffinata amorevolezza nerudiana, ma anche attenzione per il disagio che prevale, per una modernità insicura, dal poeta definita “imbronciata”.

Se si scrive bisogna saper utilizzare bene lo strumento, sapere bene cosa fare per ottenere un determinato risultato. A nessuno infatti verrebbe in mente di aprire il cofano di un’automobile (magari costosa) e di metterci mano senza avere un minimo di competenze di meccanica. Così è la poesia. Bisogna avere fatto esperienze, conoscenze, esercizio per poter scrivere un buon verso.

Ma cos’è un buon verso? È un verso efficace. È un verso che dice precisamente quello che vuol dire l’autore. È un verso che ha controllo. Prospero Antonio Cascini maneggia la poesia con cura, direi con rispetto, senza enfasi, ma con la giusta commozione. Usa la lontananza come misura. Lontananza nel tempo, più che lontananza fisica dai luoghi amati e descritti. Giorni fa con alcuni amici si discuteva della differenza tra pubblicità e arte. Sapendo bene che non è raro nel recente passato trovare artisti che si sono occupati di pubblicità. E si è arrivati a dire che la pubblicità si divide in discorso univoco e discorso ambiguo. Non c’è riferimento agli Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini, anche se il pensiero corre proprio da Lui, al profeta laico per eccellenza. E ricordarlo, nei cento anni – appena celebrati – dalla sua morte, ci è sempre speculare. Soprattutto se parliamo di poesia contemporanea e di critica al consumismo. Pasolini ad un certo punto della sua vita e delle sue analisi sulla società e le sue ambiguità di sistema scrive che ha deciso di smettere di frequentare la poesia. Immagina che i versi poetici siano divenuti uno strumento troppo debole soprattutto per denunciare i mutamenti in atto. Salvo poi, in un certo modo, ricredersi. Soprattutto dopo l’incontro intervista con un monumento della poesia del Novecento che è Ezra Pound. I due comunicano, nonostante le loro enormi differenze di cultura e pensiero attraverso il linguaggio universale della poesia.

Comunque,  con gli amici avevamo identificato nell’ambiguità del linguaggio pubblicitario due, tre messaggi finalizzati a portare avanti un determinato discorso. A differenza dell’arte (e quindi anche della poesia) che invece moltiplica i messaggi che compongono il discorso rendendola di fatto molto più ampia e complicata della pubblicità. Perché dice molto di più. Il prof Cascini, credetemi, dice molto e dice il tutto. Dai luoghi istintivi dell’infanzia, ai dolorosi addii, ai profumi delle stagioni e agli odori delle cose, delle case e della natura, fino alla scuola, la sua professione. E’ un poeta dotto, un po’ imagista e quasi mai ermetico. Sembra giungere dall’ottocento inglese o dal primo novecento italiano. Spiega, racconta, narra storie e memorie. E lo fa in versi. In un misto di realismo e romanticismo. Trovo questa cosa sorprendente!

La sua poetica nasce da una consapevolezza e da un controllo dello strumento parola nella complessità dei livelli di lettura. Ricordiamo che di formazione è psicologo. Ma anche questo non basta. Spesso durante gli eventi di presentazione di libri sento versi straordinariamente costruiti ma che dicono poco, che soffrono di una sterilità di fondo. Bisogna anche avere qualcosa da dire di significativo, di importante. Che poi si debba discutere sulla definizione di importante posso essere d’accordo. Ebbene i versi di Cascini mi paiono importanti. Mi hanno catturato e imprigionato non in uno schema tecnico ma in una rete emozionale di valori.

Un altro fattore fondamentale da tenere conto per capire cosa e come dire è il contesto. Il poeta non può prescindere dal proprio contesto. Nasce in un luogo, in un tempo, si immerge inevitabilmente in una tradizione letteraria e a questa deve fare riferimento. Deve cioè inserirsi in un percorso, capire se è d’accordo o meno, evolverlo, romperlo se vuole, ma con una ben precisa e puntuale consapevolezza. Perché altrimenti il poeta non dice nulla. La poesia di Cascini è un linguaggio dato e va utilizzato in un preciso luogo e tempo per poter essere compreso. Fuori dalla Basilicata, dal Mezzogiorno, dai vicoli e dalle campagne, dalle fotografie in bianco e nero di Castelsaraceno si decontestualizzerebbe. La sua poesia non può uscire da quell’universo che è intimo e privato. Se non fosse così, ma grazie a dio è così, si rischierebbe l’incomunicabilità.

In tutto questo ragionamento in cui il bravissimo poeta, Prospero Antonio Cascini ci ha fatto da guida, devo prendere ulteriormente atto di una realtà che ho constatato più di una volta: ci sono alcuni autori che di poesia ne mangiano molta, che leggono in maniera importante, eppure nei loro versi non si riesce a riconoscere alcun controllo, alcuna ponderatezza.

Per quanto fondamentale e necessaria (non esiste poeta che non legga moltissimo) la lettura a volte non corrisponde alla scrittura. E una risposta a questo quesito in qualche modo me la sono data: non basta leggere, bisogna imparare a leggere.

Ci sono modi di leggere impermeabili, che non cambiano il lettore, e modi di leggere che modificano l’intelletto stesso del lettore. E lo evolvono, lo maturano.

Lo fanno diventare poeta.

Cascini  ha cultura, studio, trasuda conoscenza.

La sua è una poesia matura.

Mi piace prima di chiudere declamare con voi lettori, che vi apprestate a gustare per intero, o lo avete già fatto, la sua ultima silloge, qualche altro verso che ho selezionato:

Dolcezza, sensualità, senso del tempo e dello spazio. Il ricordo che si fa scena teatrale, tempo musicale, ritmo, armonia. Ecco, trovo tutto questo nella poetica di Cascini ed in particolare in alcune delle sue poesie. E devo dire che quello che trovo mi piace.

Per chiudere e tirare un poco le somme di queste cose che ho scritto e ricordato, direi che la poesia di Prospero Antonio Cascini diventa esemplare per ricordarci che:

1.   capire il contesto e saper utilizzare lo strumento sono le basi fondamentali per portare avanti un discorso che dura da secoli, tale è la poesia.

2.   Un discorso che cerca di spiegare cos’è un uomo, cosa fa, perché si comporta in un determinato modo. Come soffre. Come gioisce. Come rimprovera e consiglia. Talvolta suggerendo, direttamente o indirettamente, cambi di direzione, opinioni, cose che si sono capite.

3.   Dove si colloca un poeta. La sua fisicità sono le sue radici. Cascini è fisicamente nato in Basilicata. E’ spiritualmente un lucano. La sua poesia trasuda lucanità.

Ecco, forse è tutta qui la poesia. Ed è per questo, incredibilmente che non serve all’autore.

Non serve a me, non serve a Prospero Antonio Cascini.

Perché serve a tutti gli altri, quando fatta bene.

Sapendo che tutti gli altri sono tutti coloro che sono e che verranno dopo il poeta. E che non faranno riferimento al poeta come persona ma solo alla sua poesia.

All’unica cosa, cioè, che se vera resterà e che avrà una vita propria. Come un figlio che continua ad esistere in continuità spirituale con suo padre.

                                           

                                                            Gianfranco Blasi

                                          Funzionario, Deputato della Repubblica Italiana e Poeta.