FAMIGLIA
«La vita di famiglia perde ogni libertà e bellezza quando si fonda sul principio dell’«io ti do» e «tu mi dai».
«Se temete la solitudine non sposatevi!»
Queste due aspre considerazioni sulla famiglia nascono anche dal pessimismo dei
rispettivi autori e del loro contesto; tuttavia contengono una verità fin ovvia
che merita attenzione. Il tema della vita di famiglia è, infatti, delicato e
richiede un impegno serio e severo, pur in mezzo alle gioie e soddisfazioni che
pure comporta. Partiamo con la prima frase che è desunta dal dramma Casa di
bambola (1879) del famoso scrittore norvegese Henrik Ibsen, una storia di
falsità, meschinità, ricatti e ipocrisie. Alla fine, infatti, si assiste allo
sfacelo di una famiglia.
Sfacelo che ha, certo, una delle sue radici più vigorose proprio nell’interesse
e nell’egoismo. Se in famiglia viene meno la gratuità dell’amore, la generosità
e la reciprocità, è inevitabile che si perda ogni freschezza, libertà e
bellezza dello stare insieme e ci si riduca ad essere una "società"
retta da una sorta di contratto rigido e pretenzioso. Si può, allora,
precipitare nell’altro vizio tratteggiato con fiero scetticismo da Anton Cechov
negli appunti dei suoi Quaderni. Il celebre scrittore russo ottocentesco,
cresciuto in una famiglia disagiata, teme quella terribile solitudine a due che
sfigura talvolta la coppia e lo fa con quel suo consiglio paradossale di non
sposarsi per non essere alla fine soli. Sta di fatto che spesso l’incapacità di
alimentare la fiamma dell’amore conduce a raggelare ogni legame e a far
spegnere la sostanza stessa del matrimonio.