DOLORE
Una donna tremendamente addolorata per la morte di suo figlio, si recò da un maestro spirituale in cerca di conforto. Egli l’ascoltò pazientemente mentre riversava su di lui la sua triste storia. Poi le disse dolcemente: «Io non posso asciugare le tue lacrime, posso solo insegnarti come renderle sante».
«Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di
Cleofa e Maria di Magdala». Nulla dice l’evangelista Giovanni del pianto di
Maria che tanto spazio avrà nella storia della tradizione e della stessa
memoria dell’Addolorata e che dà ancor oggi
origine a celebrazioni popolari di grande intensità ed emozione. Eppure il
dolore di una madre che vede, prima di se stessa, spegnersi la vita del figlio
è inconcepibile nel suo strazio. Chi assiste a quel dramma e ne raccoglie l’eco
sa che non può (e forse neppure deve) trovare parole di consolazione.
È ciò che ci insegna l’antica parabola orientale sopra evocata. Forse è solo
l’ascolto amoroso dei singhiozzi, la vicinanza affettuosa, la condivisione
orante ad avere senso. In questa luce ha significato proprio la religione: essa
non asciuga le lacrime (questo avverrà solo alla fine della storia, come
suggerisce Apocalisse 21, 4), ma le trasfigura, le libera dalla disperazione.
La parola «sofferenza» deriva dal latino sub ferre, ossia «portare in basso»;
il «sollievo» è, invece, un «levare dal basso» verso l’alto, affidando a chi ci
trascende tutta la nostra miseria e infelicità. Questo affido è l’unico atto
che la persona desolata dev’essere aiutata a compiere, così che sia Dio a
consolare e a sciogliere il mistero di quel dolore.