CANTICO DEI CANTICI

LA SORPRESA DELLA PRIMAVERA

 

2Lei

8Una voce! L'amato mio!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.


9L'amato mio somiglia a una gazzella
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia dalle inferriate.

 Lui

 10Ora l'amato mio prende a dirmi:
«Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!


11Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;


12i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.

 

13Il fico sta maturando i primi frutti
e le viti in fiore spandono profumo.
Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!

14O mia colomba,
che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è incantevole».

 

15Prendeteci le volpi,
le volpi piccoline
che devastano le vigne:
le nostre vigne sono in fiore.

 Lei

 16Il mio amato è mio e io sono sua;
egli pascola fra i gigli.

 

17Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
ritorna, amato mio,
simile a gazzella
o a cerbiatto,
sopra i monti degli aromi.

 COMMENTO

Una voce… il mio amato!

(2,8-9)

                L’amato giunge dall’amata verso l’alba, un nuovo giorno sta per iniziare, una nuova verità sta per sbocciare, la notte ormai è terminata, si lascia dietro solo il silenzio e l’attesa. Il sole squarcia il cielo con i suoi raggi lucenti, l’inverno è finito, la primavera ancora una volta ha prevalso sul grigiore dei giorni bui, una brezza tiepida porta con se il profumo di giovani fiori ed echi di tortore in amore. L’amato spinto dal desiderio d’amore vuole “visitare” l’amata del suo cuore.

 «…di notte son venuto da te
così impetuoso e titubante
e tu non me potrai più dimenticare
l’anima tua son venuto a rubare.
Ora lei è mia - del tutto mi appartiene
nel male e nel bene,
dal mio impetuoso e ardito amare…»
( Herman Hesse,  Perché ti amo.)

 L’amato ha valicato monti e colline, ha rischiato di perdersi, di non ritrovare più la strada che lo conduce all’amore ma il desiderio di lei, più grande di ogni altra cosa lo ha portato alla meta. Tra le inferriate si insinua il sole e nella cieca stanza il primo albore rischiara le ombre della notte. L’amata sul letto distesa con le trecce sciolte non avverte i passi dell’amato, il suo profumo, la sua fragranza è rimasta chiusa nell’intimità della sua casa, ripensando con nostalgia i momenti passati di gioia. Senza l’amato tutto è immobile. Ma una voce riecheggia nell’aria e rivela una presenza che fa sussultare il cuore, «Una voce! L'amato mio!». La voce dell’amato rinvigorisce l’universo scuotendo il cuore della donna. Sapori, colori, vigne in fiore, cervi e gazzelle e il canto della tortora fanno trasalire l’amata incitandola ad uscire dal cupo inverno per celebrare la danza di luce della primavera. La paura dell’abbandono è sconfitta dalla voce dell’amato, l’oscuro inverno si trasfigura in un coro di echi e voci: «Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze. Il fiume di Dio è gonfio di acque; tu prepari il frumento per gli uomini. Così prepari la terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Coroni l'anno con i tuoi benefici, i tuoi solchi stillano abbondanza. Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono di esultanza. I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di messi: gridano e cantano di gioia!». (Sal 65, 10-14.)

Si accosta al muro di casa, si avvicina alla finestra protetta da una grata che attenua la luce del sole, spia tra le inferriate, sembra quasi un gioco, tutto è pervaso da un’ansia affannosa, da un impeto che lo rendono simile ad una gazzella o un cerbiatto, con una forza travolgente è spinto dal desiderio non di possesso ma implora di essere accolto. Corteggiarla diventa simbolo d'amore, di gioia, di freschezza e di speranza, insomma di vita. Un incontro intimo che è già avvenuto ma l’amata è ancora sola. L’amore anche se vissuto nella completezza, non li ha ancora liberati totalmente. L’amore invita a cercare nuove strade, nuovi orizzonti da poter conquistare. L’amore non è mai statico ma dinamico, esso chiede sempre di essere riconquistato e custodito.

 

Parla il mio amato e dice…

(2,10-15)

 

              Il sole della ragione incombe (Cf. Ml 3,20.) «e fa la primavera del soffio del mezzogiorno, che scoglie siffatto gelo, e riscalda, col sorgere dei raggi di quel sole, tutto quanto è al di sotto; e così l’uomo, che era stato fatto di pietra ad opera del ghiaccio, riscaldato dallo Spirito e intiepidito dal raggio del Logos, ritornò ad essere acqua che sprizzava per la vita eterna (Cf. Gv 4,14.)  “Soffierà il suo Spirito – dice infatti la Scrittura – e scorreranno le acque, perché la pietra si rivolge verso i laghi delle acque e la rupe verso le fonti delle acque ». (Sal 113,8; 147,7). (Origene.)

Lo sposo si fa precedere dalla voce, una voce che viene dal cuore stesso dell’amore, una voce che chiama all’amore e nell’amore. “Alzati!” è l’imperativo che non significa solo “alzati”, ma “parti verso te stessa”. Un invito ad incontrare e penetrare il mistero, ad entrare nelle profondità del proprio cuore. Un invito alla gioia e al godimento della primavera. L’amata è chiamata ad uscire dal proprio “io” per “ricevere” l’altro. Ognuno necessita dell’altro per essere se stesso, pur restando diverso dall’altro si apre per amore, per contemplare con stupore, per accogliere con rispetto, per donarsi interamente. È il tempo dell’amore. È il tempo della rinascita. Ecco, l’inverno è passato, «non quello del clima, ma quello della debolezza, che spoglia di ogni fiore il fertile campo dell’anima. C’è, infatti, un inverno che non dipende dal sole di questa terra, c’è un inverno della mente, quando il freddo si insinua nell’animo, quando il calore dell’animo svanisce, quando si dissolve il vigore dell’intelletto, quando un’eccessiva umidità straripa e opprime la mente, quando la vista interiore è annebbiata. E perciò dice il Signore: “State attenti che la vostra fuga non avvenga d’inverno o di sabato” ». (Mc 13,18.)

(Ambrogio/guglielmo di Saint-Thierry.) Gli uccelli danzano e cantano in questa primavera piena di luce, spiccano in volo e con il becco afferrano ciò che è necessario per costruire il loro nido d’amore, anche la tortora ritorna a svernare. Il fico, ormai certo dell’arrivo della bella stagione, fiero fa spuntare i suoi germogli, e le viti serene della tranquillità del tempo non esitano a diffondere i loro germogli e i loro odori donando pace e serenità «Ognuno sedeva sotto la sua vite e sotto il suo fico e nessuno incuteva loro timore».(1Mc 14,12.)  «Il contadino coscienzioso suole zappare, irrigare, potare questa vigna e, sgombrati i mucchi di terra, ora suole esporre all’ardore del sole, ora inzuppare di pioggia i prodotti nascosti del nostro corpo e cintare il campo perché le gemme non ricevano danno dai rovi, perché l’ombra delle foglie non sia eccessiva e l’infeconda esibizione delle parole, gettando la sua ombra, non impedisca alle virtù di giungere alla maturazione delle inclinazioni naturali». (Ambrogio/guglielmo di Saint-Thierry.)

Si ridesta la vita assopita per aprirsi come un fiore di mandorlo alla nuova stagione. È tempo di alzarsi dal sonno della morte e recuperare la vita. Voglia di nuovi baci, di carezze e certezze, voglia d’ubriacarsi d’amore. Àlzati, amica mia,mia bella, e vieni, presto!  «Cioè sorgi dai piaceri del mondo, sorgi dalle cose di questa terra e vieni a me, tu che ancora sei affaticata ed oppressa, che ancora ti preoccupi delle cose di questo mondo; vieni al di sopra del mondo, vieni a me, perché io ho vinto il mondo. Vieni accanto a me, tu che sei già bella della bellezza della vita eterna, che sei già colomba, cioè mite e mansueta, già tutta piena della grazia spirituale. A buon diritto ormai non deve temere le reti, perché chiama a sé l’anima Colui che non può essere catturato dalle tentazioni e dalle reti del mondo». (Ambrogio/guglielmo di Saint-Thierry.) Apri le braccia a questo cuore bagnato dall'inverno, altro non aspetta che vedere colori vivaci danzar e uscire dall’anima tua. È l’invito all’abbandono dell’amore, una nuova creazione si delinea all’orizzonte tra nitidi cieli stellati.

«Ciascuno di noi è costretto ad affrontare l’angusto e difficile cammino dell’inverno al fine di mostrare di avere acquisito la giusta conoscenza per condurre la propria vita in modo tale che in seguito si possa concretizzare quanto viene detto nel Cantico dei cantici alla sposa, allorché ella sana e salva superò l’inverno. Per questo motivo ella dice: Ora parla il mio diletto e mi dice: «Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata».

L’amato paragona la donna alla colomba selvatica che nidifica nelle fenditure della roccia o negli anfratti dei dirupi. Un’immagine significativa carica di tenerezza e di sentimenti. In questa specie di colombi la fedeltà della coppia è un dato peculiare a cui si accompagna una generosità di attenzioni e di affetto, la coppia resta unita tutta la vita. Maschio e femmina si duellano in dimostrazioni d’affetto. La femmina cova incessantemente dalle tre del pomeriggio fino alle dieci del mattino; il maschio nelle restanti ore. In questo tempo così lungo in cui la femmina resta al nido, il maschio le porta il cibo. Quando arriva al nido, lascia cadere il cibo davanti alla femmina e si prodiga in inchini sontuosi, tubando dolcemente finché essa, allungando il collo prende il cibo. Il maschio non va via finché la femmina non risponde alle sue dimostrazioni di affetto, la femmina, tira fuori la testa e mostrandogli il viso, lo manda via con un fugace sussurro. Allora, soddisfatto, il maschio, inizia a volare.

L’amato come il maschio della colomba inizia un vero e proprio corteggiamento fatto di inviti, allusioni, seduzioni, finché l’amata nascosta nel nido segreto e invalicabile si conceda in un amplesso dolce e tenero. Il desiderio dell’uomo è di contemplare il volto dell’amata, ascoltare la sua voce, visitarla con rispetto, riconoscere nella sua originalità, far spazio affinchè possa abitare nel suo cuore, nella sua vita. Ha bisogno di lei per imparare, per migliorarsi, per rivelarsi. L’ama, la desidera perché è la custode del segreto della sua anima; in lei si riconosce e si realizza. Adamo, svegliatosi dal torpore riconosce Eva come il dono che ardentemente sperava e, vedendola comprende se stesso, nel donarsi a lei non perde la propria identità, anzi la ritrova accresciuta. Nella vita di coppia si deve creare un’alleanza sempre nuova, basata sulla conoscenza reciproca, solo donandosi all’altro lo si riconosce come “aiuto simile”. Il dono si identifica solo con il dono. Per questo l’incontro costituisce sempre una sorpresa reciproca. Pur essendo aspettato, avviene del tutto inaspettatamente.

L’uomo scopre l’altro, il Tu, avverte lo stupore dinanzi alla bellezza del corpo della donne «la vigna in fiore» che esprime l’incanto dell’amore «è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne». (Gen 2,23.) Contro la purezza dell’amore ci sono sempre pericoli in agguato. La lussuria, l’odio, la dissolutezza, possono insinuarsi come volpi predatrici che fanno scempio in una vigna, consumano i grappoli di uva in maturazione. Per questo l’amato si indirizza al coro e chiede che venga fatta una barriera protettrice intorno all’amata per difendere quell’amore che è immerso nella primavera assolata, felice e sereno. Ma la paura del tempo che scorre, la stanchezza, la quotidianità possono far sentire il loro peso e il loro logorio, e la dolce primavera può trasformarsi in un rigido inverno.

 

Prima che spiri la brezza del giorno

(2,16-17)

 

              Ora l’amata si apre ad una profonda dichiarazione d’amore. Le parole della donna sono quasi un soffio, un sospiro d’amore, un inno alla reciproca appartenenza. La riedizione del primo canto d’amore pronunciato da Adam nel giardino dell’Eden. Chi ama desidera migliorare il suo amore con la donazione piena di sé stesso, con l’offerta del suo proprio essere. Essere non solo uno accanto all’altro ma esistere l’uno per l’altro. L’uomo e la donna vogliono vivere quest’avventura insieme, in una sfida che si gioca sulla reciprocità.

L’amato celebra la purezza di quel fiore puro, pieno di luce e di colori adagiato sul prato dell’amore, pronto per essere raccolto. L’amato è il Pastore che cura la sua donna nella maniera che ritiene migliore, per farla crescere e migliorare, per renderla sempre più bella e innamorata. Custodire lo slancio dell’amore significa guardare l’altro con stupore, fino ad intravedere il Divino che è in lei. Avviare un dialogo profondo e tenero significa far vibrare di amore ogni gesto, ogni parola, ogni istante della vita quotidiana. Curare il proprio amore come il Pastore cura il suo gregge significa amare ardentemente e sfuggire alla mediocrità e all’abitudine. L’avventura coniugale è una vicenda che fluisce dal desiderio e dal dono, alimentare la tenerezza, apre il cuore al dialogo cordiale e premuroso, sostiene la fedeltà gioiosa, illumina il discernimento, privilegia la persona. Su queste strade l’Amato-Pastore veglia per rendere più bello l’amore e sprona ad accendere il sogno di intimità. Ma l’unione deve essere continuamente vivificata perché le assenze, le lontananze e i silenzi possono sempre penetrare nella relazione coniugale.  

L’incontro di sera, nell’ora della brezza, è sempre una sorpresa, un dono, qualcosa di attesa con trepidazione durante il giorno.



Dal Libro: Cantico dei Cantici   per Amore… solo per Amore… per Sempre!,  Salvatore Monetti 2019