ALESSANDRO MAGNO
Alessandro
Magno incontrò alcuni Macedoni che trasportavano in otri, a dorso di mulo,
acqua che avevano attinto a un fiume. Vedendo Alessandro provato dalla sete del
mezzogiorno, riempirono velocemente un elmo e glielo porsero… Egli prese l'elmo
nelle sue mani ma, guardando attorno a lui, vide che la sua cavalleria dirigeva
lo sguardo bramoso sulla bevanda. Allora la rese senza aver bevuto e,
ringraziando, disse a chi l'aveva offerta: «Se bevo solo io, questi uomini
perderanno coraggio».
Il sole implacabile, il deserto, il corpo stanco, le labbra aride e
soprattutto gli sguardi di tanti uomini su quell'elmo colmo di acqua: è da qui
che nasce la forza esemplare del gesto di Alessandro Magno, narrato dallo
storico greco Plutarco nella celebre Vita di Alessandro, composta agli
inizi del II sec. d.C. Due sono gli spunti che possiamo raccogliere da questo
notissimo episodio. Innanzitutto la fermezza del famoso sovrano che supera la
tentazione dell'insindacabilità del potere e dei privilegi e si pone al livello
degli altri, delle persone comuni che però condividono le stesse esigenze
umane. È il risultato di un rigore non solo personale, quasi ascetico, ma anche
del rispetto delle necessità comuni, è il frutto di una sensibilità e nobiltà
d'animo che vince ogni egoismo.
C'è, però, un altro profilo nell'atto di Alessandro ed è quello della
testimonianza. Se ti preoccupi solo dei tuoi vantaggi, non potrai mai essere un
educatore di altri. È per questo che la gente spesso non ha fiducia nelle
classi dirigenti in tutti gli ambiti della vita sociale, perché non vede in
essi che la corsa all'esito personale, all'interesse privato, al privilegio. È
anche per questo che tanti genitori ed educatori non incidono nell'animo dei
giovani: quella che manca è la testimonianza, lezione più efficace di ogni
discorso.