Ad un prete.....

sili ricordi 

(A Don Vincenzo)

 

Ti ho cercato come sempre

certo della tua presenza,

sicuro di poter fissare la tua effige

ma hanno strappato il tuo nome,

negata la memoria.

Difficile trovarti adesso

dove altri ignorano le tue spoglie

lì, è presente il servo del Dio.

Ora, tutto è sommerso da lacrime

e nessuno ricorderà più l’annoso stele,

solo le enormi lune che sorgono e tramontano sulla storia,

celebrano i borghi, i sentieri, i paesani,

i grani del rosario che lentamente scivolavano tra le tue dita,

sulle cose che dormono in un immenso labirinto di pace,

e ornano il talamo ormai spoglio.

Ti cercherò ancora

quando il buio tenterà di far affiorare la tua mancanza.

Non le nuvole veleranno reminiscenze antiche,

né le maree taciturne cancelleranno l’impronta

che ha scavato l’inerte riva.

La memoria ha seguito la corrente per non far ritorno,

ma sei vivo, e conservo ancora il profumo

dell’odoroso ricordo

tra labili fiori e veti impietosi del tempo.

 

La poesia è dedicata ad un uomo-sacerdote. Uno di quelli che lasciano per sempre un impronta nell’anima, scavano nel cuore di un bambino, perché un bambino capisce quando un persona riesce a darti lo stesso amore dei genitori, sembra impossibile, eppure ci sono persone che hanno quest’amore viscerale, quest’amore che ancora oggi dopo tanti anni non riesco a comprenderlo appieno. Ricordo le sue celebrazioni, nel momento della consacrazione alzava l’Ostia per un tempo che a me bambino pareva eterno, lo ricordo con i grani del rosario che le scivolavano tra le dita, con il suo breviario consumato da anni di preghiere e suppliche. Con mio padre l’aspettavano dopo la messa per accompagnarlo a casa. La sua casa era una stanza immensa con un letto in ferro e un materasso imbottito di foglie secche di granturco. Una casa umile, essenziale. Ci offriva ogni volta un bicchierino di marsala all’uovo, era tutto quello che possedeva insieme alla sua povertà evangelica, che era Amore. Quando morì, né sentì la mancanza e per questo mi recavo periodicamente a visitare ciò che restava visibile di quel servo di Dio, una lapide e una foto, ero continuamente trascinato su quella tomba da un richiamo misterioso. Un giorno arrivando vedo la sua tomba rifatta, un nuovo stile, pensai che l’avessero ristrutturata, ormai decadente. Ma avvincendomi non c’era più la sua foto e né il suo nome, ma quello di un altro uomo, un parente lontano mi dissero. Pensai alla Livella di Totò: “trasenno stu canciello ha fatt'o punto c'ha perzo tutto,'a vita e pure 'o nomme”. Questo lo sapevamo, e lo sapeva anche lui, ma mai avrebbe immaginato di essere cancellato agli uomini e alla storia in quel modo. Un uomo che aveva speso la sua vita al servizio die bisognosi. Dentro di me un sentimento di rabbia e di dolore mi assalirono e dicevo tra me: “non può essere cancellato in questo modo”. Lui che ha alzato il calice dell’amore spalancando gli angoli bui del cuore di tanta gente, non può essere soppresso. Oggi lui continua a vivere nel mio cuore e di lui conservo con amore e affetto una sua foto con una scritta dietro:” Il sacerdote è come una candela, a volte per illuminare gli altri spegne se stesso”.

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